Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge individua e definisce gli interessi fondanti della Repubblica, a difesa dei quali può essere posto il segreto di Stato, e attribuisce alla magistratura la pienezza dei suoi poteri di indagine, di accertamento e di decisione sui processi penali concernenti i fatti criminosi maggiormente pericolosi per l'ordine democratico. Il testo precisa, altresì, che la classifica a fini di segretezza attiene solamente al regime di circolazione delle notizie e degli atti concretizzandosi, in sostanza, in un provvedimento amministrativo di apposizione della classifica stessa.
      Il segreto di Stato, al contrario, implica la responsabilità politica del Presidente del Consiglio dei ministri per la limitazione posta alla conoscibilità di determinati atti o documenti anche rispetto all'autorità giudiziaria. La proposta di legge è ispirata al criterio di limitare al massimo questa area di non conoscibilità, sia in tema di segreto di Stato sia di classifica, e al principio della temporaneità.
      L'oggettività del segreto è un risultato ottenibile sia prevedendo che il Presidente del Consiglio dei ministri determini prioritariamente i criteri per l'individuazione delle categorie suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato, sia stabilendo, come regola, che il segreto di Stato venga formalmente apposto in modo preventivo dal Presidente del Consiglio dei ministri.
      Nella formulazione che qui si propone viene estesa l'area dei reati per cui nei processi non può essere opposto il segreto di Stato. Sono incluse infatti nell'area della non opponibilità, oltre a quelle già previste dall'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801 (vale a dire eversione dell'ordine costituzionale), fattispecie criminose particolarmente gravi come il delitto di strage, l'associazione mafiosa, il traffico di stupefacenti.

 

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      La proposta di legge che si presenta muove dalla necessità che il segreto di Stato non venga mai opposto alla magistratura, in nessuna fase del processo e in nessuna forma, quando si tratti dei reati compresi nelle due categorie indicate nell'articolo 2, comma 1.
      La premessa logica di questo assunto è assolutamente semplice. I delitti in ordine ai quali sarà inopponibile alla magistratura il segreto di Stato appartengono tutti alla categoria dei «fatti eversivi dell'ordine costituzionale»: quei fatti che, secondo la legge vigente, non possono essere oggetto di segreto.
      Ritengo, infatti, che non vi sia ormai possibilità di dubbio sulla capacità di ognuno dei delitti cui si riferisce la proposta di legge di costituire potenziale eversione del sistema democratico. Accanto ai «classici» delitti di strage, questa connotazione compete anche ai delitti di terrorismo: all'uno e all'altro il legislatore ha dedicato in questi ultimi tempi reiterata e preoccupata attenzione, imposta appunto dalla loro specifica pericolosità politica.
      Nessuno degli interessi alla cui tutela è predisposto il segreto di Stato è superiore all'interesse che la giustizia proceda e che si raggiunga il massimo possibile di verità nelle indagini e nei processi relativi a questi reati; anzi, la potenzialità eversiva di essi fa sì che gli stessi interessi ai quali si riferisce il segreto di Stato ottengano la massima garanzia di tutela non dalla opposizione, ma - al contrario - dalla non opposizione del segreto alla magistratura.
      Nella situazione considerata diventa, dunque, inammissibile la legittimità di un filtro politico preventivo affidato al Presidente del Consiglio dei ministri: il segreto coprirebbe fatti (inerenti ai delitti considerati dalla proposta di legge) che per definizione sono eversivi dell'ordine costituzionale.
      Con la proposta di legge si vuole eliminare radicalmente anche ogni questione concernente la valutazione della pertinenza processuale delle notizie e dei documenti richiesti dall'autorità giudiziaria procedente.
      Vi sono state, infatti, occasioni in cui il segreto politico è stato opposto perché il suo depositario ha ritenuto la irrilevanza, ai fini di giustizia, dell'oggetto richiesto dall'autorità giudiziaria. E, nel difendere in tali casi l'opposizione del segreto, si è anche adoperato l'argomento che i meccanismi di controllo governativo-parlamentari previsti dalla legge n. 801 del 1977 sul funzionamento e l'operato dei servizi di sicurezza, e così pure la responsabilizzazione politica, al riguardo, del Presidente del Consiglio dei ministri, costituiscono sufficiente garanzia che quanto viene taciuto all'autorità giudiziaria è sicuramente estraneo e indifferente alla ricerca processuale della verità.
      Questo argomento non può essere condiviso, in primo luogo perché tristi esperienze dimostrano, al contrario, che esiste sempre la possibilità di sottrarre alla giustizia, con l'opposizione del segreto, elementi di grande rilievo processuale. Va tenuto presente, infatti, che i meccanismi di controllo governativo-parlamentari previsti dalla legge vigente funzionano pur sempre in un circuito «chiuso», controllato dall'autorità politica suprema nella migliore delle ipotesi, ma controllato - nella peggiore, non irreale ipotesi - dagli organi preposti ai servizi di sicurezza, i quali possono sottrarsi, di fatto, al controllo effettivo dello stesso Presidente del Consiglio dei ministri: con la conseguenza, dunque, che i meccanismi di controllo rischiano di girare a vuoto, in tutto o in parte, perché le informazioni in base alle quali vengono giustificate la irrilevanza processuale di quanto richiede l'autorità giudiziaria e la conseguente opposizione del segreto possono essere carenti, incomplete e deformate. Neppure il Comitato parlamentare contemplato dalla legge n. 801 del 1977 ha la possibilità di correggere, in relazione al caso concreto, l'eventuale vizio del circuito alla cui generale sorveglianza esso è preposto.
      Vi è poi un'ulteriore ragione. Anche nella migliore delle ipotesi, anche a ritenere cioè che nessuna disfunzione, o un
 

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fatto più grave, siano intervenuti, non si comprende come il Presidente del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale e il Comitato parlamentare siano in grado di farsi e di esprimere una fondata opinione circa la rilevanza o l'irrilevanza processuale di un segmento d'indagine che essi non possono che esaminare isolatamente dal contesto complessivo, il quale è conosciuto soltanto dall'autorità giudiziaria procedente. A quest'ultima, dunque, e non ad altri organi o autorità, spetta di valutare ciò che serve e ciò che non serve ai fini di giustizia. Attribuire ad altri tale giudizio significa sovrapporre l'incompetenza alla competenza.
      Infine, la difesa delle prerogative della giustizia affidate alla sola autorità giudiziaria è imposta da una ragione d'indole ancora superiore al livello tecnico: una ragione, questa sì, suprema.
      Nei procedimenti penali relativi ai fatti che la stessa legislazione riconosce come i più pericolosi per il sistema democratico, e che troppo spesso hanno causato enormi lutti e determinato gravissime tensioni politiche, non è tollerabile che lo Stato si divida in due: da una parte la giustizia che con estrema fatica cerca la verità, dall'altra il Governo che anche solo sembri nasconderla. È intollerabile, infatti, anche il mero sospetto che mentre sulla scena la giustizia brancola nel buio, vi sia dietro le quinte un avversario parimenti istituzionale che conosce la verità e impedisce legalmente di renderla nota.
      Una ulteriore innovazione della proposta di legge è costituita dalla norma che prevede che il segreto di Stato possa essere utilizzato solo quando la conoscenza degli atti coperti «metta in pericolo o arrechi un danno immediato e diretto di eccezionale gravità» agli interessi fondamentali della Repubblica. Non basterà, quindi, più un richiamo generico, ad esempio, all'interesse della difesa delle istituzioni democratiche, ma il segreto dovrà essere giustificato indicando nel concreto quale danno possa essere evitato con la sua opposizione.
      Inoltre, anche questa in modo innovativo, viene introdotta la non opponibilità del segreto alla Corte costituzionale nel conflitto di attribuzione che il giudice può sollevare nel caso in cui non condivida la opposizione del segreto da parte del Presidente del Consiglio dei ministri. Ebbene, davanti a questa istanza superiore non è possibile nascondere alcunché, in modo che il giudizio sull'effettivo danno o messa in pericolo dei beni protetti sia espresso in concreto e con la conoscenza necessaria.
      Questa «procedimentalizzazione» del- la procedura di opposizione del segreto di Stato nei processi penali particolarmente importanti è la prima garanzia per ottenere il rispetto di regole certe e quindi per evitare ogni possibile arbitrio da parte del potere esecutivo. A tale scopo si consente solo in via eccezionale una opposizione non conseguente ad una preventiva apposizione.
      Come si è già accennato il vincolo è temporaneo (quindici anni e, in casi particolari, trent'anni), ma può essere anche eliminato prima dei termini con provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri.
      La destinazione all'Archivio centrale dello Stato di questa documentazione costituisce, inoltre, una novità, sia pure in prospettiva storica, assai rilevante.
      La classifica di segretezza, che viene regolamentata in modo preciso, è invece un provvedimento amministrativo dal quale discende l'assoggettamento della cosa che ne è oggetto a un particolare regime, esclusivamente per quanto riguar- da la possibilità di accesso e le modalità di circolazione. Essa ha una natura oggettiva e una funzione strumentale rispetto alla tutela degli interessi fondamentali della Repubblica. Nonostante l'apparente analogia della formulazione del testo, l'articolo 7 (sulla classifica) differisce profondamente dall'articolo 3 (sul segreto di Stato): mentre infatti il primo individua, ai fini dell'apposizione della classifica, l'attinenza della cosa oggetto della classifica agli interessi fondamentali elencati, l'articolo 3 tutela direttamente, attraverso il segreto di Stato, quegli stessi interessi a fronte del pericolo di un danno immediato
 

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e diretto. La possibile coincidenza tra la classifica (specie quella massima) di segretezza e l'esistenza del vincolo del segreto di Stato non deve perciò indurre in inganno in ordine alla fungibilità di due concetti radicalmente diversi. Poiché nel nostro ordinamento il segreto e i limiti all'accesso agli atti dell'amministrazione rappresentano un'eccezione rispetto ai princìpi generali di trasparenza e conoscibilità, il regime della classifica è stato ancorato a parametri rigorosi (peraltro mutuati in gran parte dalla regolamentazione esistente, armonizzata con gli standard consolidati a livello internazionale) e assoggettato a meccanismi automatici di declassifica con il passare del tempo. Sotto quest'ultimo aspetto, il progetto di legge recepisce pienamente le indicazioni più avvertite degli esperti della materia: la temporaneità del vincolo, sancita dall'obbligo di fissare fin dalla sua apposizione il termine di vigenza, ove questo sia possibile, e le tappe della progressiva declassifica sono indicate con chiarezza, con esclusione dall'automaticità del meccanismo solo di quegli atti, documenti o cose rispetto ai quali è presumibile, per consolidata esperienza, la maggior durata della esigenza di segretezza. Il principio di trasparenza che ispira il sistema è armonico con la temporaneità prevista per il segreto di Stato e con la destinazione degli atti e dei documenti dei Servizi di informazione e sicurezza al riversamento, previa declassifica, nell'Archivio centrale dello Stato, nel quale fino ad oggi non erano destinati a confluire.
      Viene stabilita la possibilità di chiedere una nuova valutazione della classifica integrando le previsioni già contenute nella legge 7 agosto 1990, n. 241, mentre il principio che riserva il potere di classifica e di declassifica all'autorità che origina l'atto evita contrasti, sovrapposizioni e confusioni. In tema di classifica il Presidente del Consiglio dei ministri, quale autorità nazionale per la sicurezza, oltre a fissare con regolamento le materie, gli argomenti e i criteri per la classifica, svolge una funzione di orientamento nell'interpretazione dei princìpi normativi, legislativi e regolamentari e nel dirimere eventuali contrasti. È poi stabilito (articolo 11) il procedimento attraverso cui l'autorità giudiziaria può acquisire la documentazione classificata, adattando alla esigenza specifica il meccanismo già previsto dall'articolo 256 del codice di procedura penale con riferimento al segreto di ufficio.
      Il progetto sanziona adeguatamente sia l'attività di classificazione illegittima (sul piano disciplinare) sia quella di classificazione illegale (sul piano penale), mentre viene ridisegnato il sistema delle sanzioni penali che, nel codice, tutelano il segreto di Stato e la classifica degli atti, sistema la cui interpretazione, dopo l'entrata in vigore della legge n. 801 del 1977, non garantiva una sufficiente certezza.
      Il progetto di legge contiene poi la previsione di alcune fattispecie penali significative. Innanzitutto si introducono nuove ipotesi di reato per i casi in cui la violazione delle norme sulla segretezza sia stata commessa da chi, in ragione dell'ufficio ricoperto, era a conoscenza della notizia o disponeva dell'atto o della cosa oggetto di classifica di segretezza.
      L'intendimento è quello di colpire, in particolare, le condotte di asservimento dei mezzi e delle attività dei Servizi di informazione e sicurezza a fini illeciti. Si tratta dunque di previsioni che, rifacendosi al principio informatore di tutta l'attività dei Servizi già contenuto nella legge n. 801 del 1977, vanno però oltre al generico divieto di privilegiare i fini rispetto ai mezzi, per sanzionare severamente quelle condotte che siano poste in essere non solo in violazione delle regole, ma per fini antitetici a quelli per i quali i corrispettivi poteri sono conferiti o per fini di lucro.
      Viene inoltre stabilita una sanzione assai pesante per una fattispecie delittuosa altrettanto grave: quella del pubblico ufficiale che commetta il reato di depistaggio. Questo delitto si configura quando il soggetto non solo afferma il falso, ma anche tace o nega la verità davanti al magistrato in un procedimento penale riguardo fatti, notizie o documenti concernenti
 

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gli stessi reati gravissimi per cui non può essere opposto il segreto di Stato. Si vuole qui sottolineare questa innovazione che consente di perseguire anche l'omissione parziale o totale di elementi spesso determinanti per l'accertamento della verità processuale.
      L'importanza e la delicatezza della materia impongono che al più presto venga emanata una disciplina compiuta e rigorosa: che questa sia caratterizzata da criteri di trasparenza e democraticità è l'impegno del presentatore di questo progetto di legge.
 

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